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Temporale

Aggiornamento: 9 dic 2022

È già mattina, e mi alzo controvoglia. Ho dormito così bene stanotte, su di un vero materasso! La mia tenda giace accartocciata tra due letti a castello, un guscio vuoto. Velocemente impacchetto le mie cose e le comprimo con movimenti meccanici nello zaino. Me lo carico in spalla e apro la porta della camera. Il mio umore cambia all’improvviso: sopra lo squallido cortile interno dell’ostello, dove gironzolano galline e tacchini, splende un cielo senza nuvole, e i fianchi della montagna sono rischiarati dall’alba. Scendo nel bar, al piano di sotto, dove la proprietaria mi sta aspettando con una deliziosa torta di mele, fatta in casa. Mi abbuffo, ringrazio, saluto e parto.

È una giornata tipicamente piemontese, ormai ci sono abituata: con una dritta, ripida salita di più di 1000 metri di dislivello, su un sentiero tutto pietre e scalini. Non posso dire di lasciare il paese dietro di me, ma sotto di me. Infatti, più procedo e più San Lorenzo diventa un piccolo puntino ai miei piedi, in basso ma non più lontano. Di fronte a me le montagne sembrano vicinissime, posso vedere tutta la strada che ho percorso il giorno prima. Mi trovo in una piccola valle laterale alla famosa valle dell’Orco, dove ho trascorso un giorno di pioggia e riposo a Ceresole Reale. Oggi è il 23 giugno 2021 un giorno importante, il trentesimo giorno di cammino! Sono partita esattamente un mese fa, lasciandomi alle spalle il mar Tirreno che bagna la spiaggia di Finale Ligure.


Ho vissuto mille avventure e superato tante prove. I miei nervi a questo punto sono un po’ tesi, la pioggia sempre presente e la neve che ancora ricopre i passi più alti mi hanno tolto la gioia di ammirare la bellezza delle montagne, costringendomi a sentieri di bassa quota, a notti in ostelli e camminate nella nebbia. La mia meta, il mar Tirreno a Trieste, è ancora molto lontana, e mentre continuo a salire penso a come affrontare i prossimi giorni con maggior entusiasmo. Intanto la giornata di oggi non si differenzia dalle altre: dopo molta fatica per superare 1200 metri di dislivello verticale, raggiungo finalmente il passo e mi ritrovo nella nebbia. Così inizio la discesa senza neppure fermarmi, e arrivo al lago d’Eugio. Il cielo è plumbeo e non promette niente di buono, ma mi fermo ugualmente per un pranzo veloce in cima alla diga. Inaspettatamente una porta si apre alle mie spalle, e dalla casa del guardiano esce un ragazzo sorridente, che con la mano mi fa cenno di entrare. Mi chiede di me, cosa faccio e dove sto andando, e soprattutto, come mai sono da sola? Sono abituata a queste domande e alla faccia stupita, mista a rimprovero, delle persone quando rispondo che la mia è una scelta: ho intenzione di camminare da sola per quattro mesi. Ma stavolta è diverso, Andrea e il suo collega mi ascoltano affascinati, mentre una moka borbotta sul fuoco. Purtroppo, non posso restare, fuori il cielo è sempre più scuro, così li saluto e ricomincio a salire tra mughi e rocce affilate. Le prime grosse gocce cadono sul mio zaino, facendomi accelerare il passo. Arrivo al valico nella nebbia fitta, seguo i bolli rossi dipinti sui sassi, fino a raggiungere il bivacco Blessent.


Questo bivacco mi fa pensare al castello errante di Howl: un salvifico riparo che sbuca dalla nebbia nel momento opportuno, ugualmente storto e sgangherato. E ugualmente magico. Mi arrampico sulla scaletta che porta all’ingresso, e come chiudo la porticina il cielo si apre con un possente tuono, e inizia a rovesciare sulla terra acqua mista a ghiaccio, con una furia incontenibile. Io rido di gioia nel mio angusto riparo, sporco di cacche di topo e troppo basso per stare in piedi.

Gonfio il materassino per non sdraiarmi sui materassi sudici, e mi lascio cullare dal rombo del temporale, chiuso ermeticamente fuori dal mio riparo. Passa più di un’ora prima che la natura si plachi. Quando anche le ultime gocce hanno smesso di picchiare sul tetto apro la porta del bivacco e infilo svogliatamente la testa fuori. L’aria fredda mi congela il naso, mentre un raggio di sole mi acceca per un momento. Quando apro gli occhi resto senza fiato. Le nuvole lasciano filtrare raggi di luce, che piovono sulle montagne bagnate in fasci dorati, illuminando le cime attorno a me. Esco dal bivacco emozionata, e quando mi giro a momenti faccio cadere la macchina fotografica per lo stupore: un enorme arcobaleno incornicia la valle. I suoi colori sono così vividi che appare come qualcosa di materiale, un ponte colorato che unisce i due versanti della valle, dal punto dove sono partita ieri a quello dove andrò domani.

Sembra un messaggio che leggo come fosse rivolto a me, per festeggiare il mio mese sul cammino, per dirmi che posso continuare, perché anche la pioggia prima o poi finisce. Con le lacrime agli occhi rimango immobile finché i colori non si affievoliscono per lasciare il posto alla notte. Mi infilo nel sacco a pelo con una nuova certezza: non importa quanto pioverà e quanto sarà difficile, porterò a termine il mio viaggio, perché la bellezza è dietro ogni angolo!



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